Andando a cena fuori vi sarà sicuramente capitato di ricordare il cantautore Peppino Di Capri con la sua celebre frase “Cameriere, Champagne…” per procedere con l’ordinazione.
Lo scelse per festeggiare la fine di un amore, mentre una celebre madame d’oltralpe a riguardo disse:
“Lo Champagne lo bevo quando sono contenta e quando sono triste. Talvolta lo bevo quando sono sola. Quando ho compagnia lo considero obbligatorio. Lo sorseggio quando non ho fame e lo bevo quando ne ho. Altrimenti non lo tocco, a meno che non abbia sete”.
Parafrasando, diciamo che è sempre il momento giusto per bere una buona bottiglia di bollicine.
Celebre e apprezzatissimo anche il cugino made in Italy: il Prosecco.
Capita talvolta di ricevere richieste del tipo “Scusi potrei avere un prosecco?” spesso seguito da (nel nostro caso) “…dell’Etna per favore!”
Un errore ancora abbastanza comune, che ci ha dato l’occasione per potervi raccontarvi la nostra storia.
Iniziamo facendo un po’ di chiarezza.
Come avviene la spumantizzazione del vino
Champagne e Prosecco sono due tipi differenti di spumante la cui produzione è legata al territorio d’origine, la regione a nord della Francia per il primo e un’area tra il Friuli Venezia Giulia e il Veneto per il secondo.
La matrice comune è, dunque, l’appartenenza alla tipologia di vino che è appunto quella dello spumante, cioè un vino ottenuto dalla rifermentazione del vino base, grazie all’aggiunta di lieviti e zuccheri, ma che può essere realizzato con differenti metodi di produzione: classico, charmat, ancestrale e altri.
I metodi di spumantizzazione
Ci concentreremo sui due più comuni:
- classico o tradizionale o champenoise
- charmat o Martinotti
La principale differenza riguarda proprio la seconda fermentazione, che segue a quella alcolica (per ottenere il vino-base) e che viene svolta attraverso l’impiego di: bottiglia per il metodo classico (come per lo champagne) e autoclave per lo charmat (come per il prosecco).
Scegliere dove effettuarla non è cosa da poco, perché il risultato finale sarà assai differente soprattutto in termini di finezza delle bollicine, la grana o il numero, il cosiddetto perlage, ma anche eleganza dei profumi e gustativa.
Sull’Etna le prime spumantizzazioni si sperimentarono più di un secolo fa e allora vennero utilizzate le uve chardonnay e pinot nero. Più recentemente, circa 30 anni fa, si deve a un produttore locale la nascita della prima bollicina vulcanica con uve nerello mascalese e seguendo quello che è conosciuto come Metodo Classico.
Le fasi del Metodo Classico
Questi sono i passaggi fondamentali:
- assemblaggio dei vini-base
- aggiunta di liqueur de tirage
- imbottigliamento
- tappatura con tappo a corona
- presa di spuma
- affinamento sui lieviti
- remuage
- sboccatura
- dosaggio
- tappatura finale
- confezionamento
Il grado di dolcezza degli spumanti
Un’altra importante classificazione attiene al dosaggio o liqueur d’expédition, la cui composizione è tenuta segreta da ogni produttore.
Un po’ di vino invecchiato, a volte in barrique, un po’ di zucchero di canna, qualche goccia di distillato o acquavite, sono la firma di chi lo crea perfezionandone il carattere finale.
Se non si effettua alcun dosaggio avremo uno spumante pas dosé (brut nature o dosaggio zero), se si aggiunge lo sciroppo di dosaggio avremo un prodotto con più residuo zuccherino.
- Pas dosé (brut nature, brut sauvage, dosage zero) < 3 g/l
- Extra brut 0-6 g/l
- Brut 6-12 g/l
- Extra dry 12-17 g/l
- Dry, sec o secco 17-32 g/l
- Demi-sec o abboccato 32-50 g/l
- Dolce o doux > 50 g/l
Il legame tra Gambino e lo spumante
Sull’Etna il disciplinare di produzione, pur essendo del 1968, regolamentò la produzione di spumante solo nel 2011 stabilendo alcune essenziali linee guide: il territorio è certamente delimitato nell’area della DOC Etna che copre tre versanti (nord-est-sud), si devono utilizzare per almeno il 60% uve nerello mascalese e il periodo minimo di sosta sui lieviti è di 18 mesi.
Nella nostra azienda la prima annata dello spumante Metodo Classico Brut Maria Gambino è la 2013. Un’annata difficile, temperature rigide, piogge abbondanti e un’estate corta e fresca mise a dura prova soprattutto la buona maturazione delle uve rosse.
Ma si sa che di necessità si fa virtù! Soprattutto in campagna.
Così quell’anno decidemmo di destinare le uve esposte a nord e con un grado di maturazione più basso proprio alla produzione delle nostre bollicine. Le analisi eseguite su alcune particelle ci dicevano che l’acidità delle uve era perfetta per la creazione di un grande blanc de noir.
Questo ci diede una grande carica e salvammo la vendemmia.
Ma non tutto fu così semplice.
I primi assaggi non furono come ce li aspettavamo, quella acidità era a tratti tagliente, sferzante, quasi citrica. Eppure sapevamo che tutto il duro lavoro sarebbe stato ricompensato. Aspettammo.
C’era una certa curiosità, ogni occasione era buona per sgattaiolare giù in cantina e chiedere informazioni. Controllavamo le bottiglie nelle pupitre come balie e le mostravamo orgogliosi a chi veniva a trovarci. Una lunga gestazione, durata 48 lunghi mesi.
Poche bottiglie, poco più di 2000.
È un millesimato, ottenuto da uve nerello mascalese in purezza, che sosta sui lieviti per un minimo di 4 anni prima di procedere con il dosaggio e la degorgiatura.
Dal perlage fine e persistente, porta con sé note di scorze d’agrumi, fiore di zagara e sambuco, poi vira sulla petite patisserie seguite da sensazioni di fieno e nocciola. Vivace freschezza e fluente sapidità, dal carattere deciso e vulcanica mineralità.
Perfetto con un antipasto di canapè, ma anche con un risotto alla zucca o salmone grigliato. Bandito il dolce! Da servire a una temperatura di 4-6°C
Il nostro Maria Gambino lo abbiamo dedicato alla nostra amatissima fondatrice, simbolo di forza, sferzante energia e un’eleganza senza tempo che ci ricorda la potenza del vulcano.